Le elezioni dei Grandi elettori dell’Assemblea Regionale Siciliana che voteranno il Presidente della Repubblica italiana, tenutesi ieri pomeriggio in aula, sono state un disastro per Musumeci. Dentro e fuori l’Aula il governo regionale sembra essere arrivato al capolinea.
Per la prima volta, il Presidente arriva ultimo
Le elezioni dei tre grandi elettori che andranno a votare il Presidente della Repubblica si sono svolte ieri con voto segreto. La prassi vuole che i tre delegati eletti siano il Presidente del Parlamento regionale, il Presidente della Regione e un membro dell’opposizione. La prassi vuole anche che il Presidente del Parlamento regionale sia il più votato, il Presidente della Regione il secondo più votate e il membro dell’opposizione arrivi ultimo. Questa volta però le cose sono andate diversamente.
Il Presidente della Regione Musumeci è stato “tradito” dal voto segreto: è stato votato per terzo, dopo il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè di Forza Italia e Nuccio di Paola, deputato del Movimento 5 stelle e capogruppo da una settimana dei pentastellati all’Assemblea regionale siciliana.
In aula i deputati potevano esprimere due preferenze. I deputati della maggioranza presenti erano 43, come i voti presi da Micciché. Quelli dell’opposizione erano 24: i grillini, il Pd e la deputata del Misto Valentina Palmeri. Nel centrodestra almeno una decina di deputati ha votato come secondo nome Di Paola invece che Musumeci.
Stavolta, dunque, non solo il Presidente della Regione è stato superato dal Presidente dell’Assemblea, evento già di per sé significativo, ma addirittura dal candidato dell’opposizione. Un primato assoluto nella storia, che mette a nudo la debolezza del Presidente e del suo governo.
Musumeci non molla, rilancia
A conti fatti, al Presidente della Regione risultano essere mancati 7-8 voti circa dalla sua maggioranza. Il fatto è certamente significativo. Con la copertura del voto segreto, gli uomini della sua maggioranza hanno dimostrato di non essergli fedeli. Come può un Presidente che non riesce a tenere a bada i suoi uomini pensare alla ricandidatura? La domanda se la sarà posta anche lui, tant’è che ieri in serata si parlava di dimissioni anticipate.
Invece, Musumeci ha deciso di protrarre ancora il suo martirio. Non molla, tiene duro. Con una diretta Facebook ha annunciato che le “sette scappate di casa” che lo hanno tradito vanno abbandonate per strada, annunciando come primo atto l’azzeramento della giunta. Gente che gli chiedeva favori a cui non ha voluto sottostare (anche se, certo, fino a ieri erano i numeri su cui contava cecamente). Affermazioni che fanno percepire la paura e il delirio in cui il Presidente sembra stare affondando.
Il nuovo esecutivo dovrà condurre il governo fino alle elezioni, a novembre prossimo. Il Presidente ha già affermato che alcuni assessori saranno riconfermati. E possiamo immaginare chi: il suo delfino Ruggero Razza – a cui non è riuscito a rinunciare neanche dopo lo scandalo sanità – e i suoi fedeli Falcone e Cordaro.
Politica cabaret, ma a ridere sono solo loro
Proprio Musumeci era solito vantarsi della solidità del suo governo, dettata dalla stabilità della sua Giunta, che raramente ha cambiato i componenti. Questa volta invece si riparte da capo: il Presidente stesso non potrà negare l’instabilità dimostrata da questo passaggio.
Una brutta botta, giusto qualche tempo dopo l’annuncio della sua ricandidatura alle prossime elezioni, già ostacolata dal mancato appoggio del centro-destra unito alla sua auto-nomination.
I segnali sembrano parlare chiaro: questa ricandidatura non s’ha da fare.
Musumeci nella sua diretta ha parlato «col cuore e con passione a tutto il popolo siciliano», suo unico referente e unico che può giudicare il suo operato. Ma sulla pelle dei siciliani, il centro-destra già da tempo sta inscenando il solito teatrino della politica, animato dallo scontro di potere tra Musumeci, Micciché e la Lega. Uno scontro tutto interno ai palazzi del potere siciliano, che si dimostrano sempre più distanti dalle necessità reali della gente. L’auspicio è che noi tutti possiamo quanto prima ricordare a questi privilegiati, quanto i siciliani siano stanchi di queste scene e di queste logiche, mentre si ritrovano dentro una catastrofe sanitaria, economica e sociale dalla quale non si vede via d’uscita ma solo inviti a conviverci e abituarsi.
Così, mentre dentro le comode stanze dell’Assemblea Regionale la politica gioca, nei tendoni da campo allestiti alla meno peggio davanti agli ospedali la gente ogni giorno rischia la vita.
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