Siamo nel 1943 e in Sicilia sbarca l’esercito anglo-americano. Lo sbarco avvenne senza particolari difficoltà. D’altronde, la popolazione siciliana non fu mai realmente fascista: di fatti, dopo la legge emanata da Mussolini nel 1941 per sedare i moti separatisti, pure le cellule fasciste dei GUF (Gruppi Universitari Fascisti) persero la fiducia nel governo.
In questo contesto si sviluppano le due correnti del MIS – il Movimento Indipendenza Siciliano -quella socialista portata avanti da Antonio Canepa, e quella più reazionaria e conservatrice portata avanti da Lucio Tasca. Sarà proprio la figura di Antonio Canepa che andrà successivamente a fondare e a guidare l’Evis, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia.
Chi era Antonio Canepa?
Canepa nacque il 25 ottobre del 1908 a Palermo e fu certamente una delle figure più importanti per la storia dell’indipendentismo siciliano. Canepa fu docente universitario, ruolo che gli permise di fondare l’Evis e di reclutare i soldati nelle sue fila.
Nel 1944 Canepa si trova in Toscana a combattere con i partigiani. Rientra in Sicilia il 20 ottobre dello stesso anno, il giorno dopo la Strage del pane avvenuta a Palermo, dove persero la vita 20 persone e più di 100 rimasero ferite. Proprio in quei giorni si teneva a Taormina il primo congresso del MIS. Nel frattempo, il nostro Antonio Canepa stava già iniziando a organizzare il gruppo di lotta armata volontario.
La nascita dell’EVIS
E fu così che nel novembre del 1944 venne diffuso clandestinamente da Antonio Canepa, sotto il nome di Mario Turri, un giornale che così proclamava: «Democrazia, libertà, indipendenza, non sono doni che possono essere elargiti da un governo borghese e reazionario. Sono conquiste che dobbiamo strappare con le unghie e con i denti. A viva forza. […] Coraggio, siciliani! Teniamo duro! Contro ogni forma di tirannide e di sfruttamento! Per vivere nella libertà e nella giustizia, nella pace e nell’abbondanza! Viva la Sicilia Indipendente!»
Una volta rientrato all’università di Catania per insegnare, Canepa iniziò a cercare fonti di finanziamento per armare l’esercito e a reclutare giovani. I primi a essere reclutati furono i giovani universitari interni al gruppo Etna, un gruppo formato da Canepa anni prima.
L’EVIS, per Canepa, doveva essere composto principalmente da nuclei di giovani indipendentisti. La scelta era ideologica: erano i giovani accompagnati da un ideale i soldati scelti che avrebbero dovuto liberare la Sicilia. Anche per questo, rifiutò sempre il coinvolgimento dei banditi presenti in diverse zone dell’isola, dai Niscemesi a Salvatore Giuliano.
Molto spesso nei racconti comuni si lascia intendere che Canepa accettò finanziamenti dal MIS. Questo però è un falso storico. Come si evince da diversi scritti di Canepa, egli non accettò mai finanziamenti dal MIS – scelta dettata dalla presenza, all’interno del movimento, di figure baronali che nulla avevano a che fare con la sua idea di Sicilia socialista.
Dopo Murazzu Ruttu
La figura di Canepa diventò l’immagine simbolo dell’Evis, di un movimento rivoluzionario. Come ogni simbolo rivoluzionario, venne mal visto dallo Stato e dalla destra separatista.
Fu così che il 17 giugno, presso Murazzu Ruttu, contrada di Randazzo, Antonio Canepa e due giovani universitari, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, vennero uccisi durante uno scontro armato con tre carabinieri.
L’EVIS provò a rimanere in vita e Concetto Gallo, sotto il nome di Secondo Turri, venne nominato nuovo Comandante. Gallo era una figura estremamente carismatica del panorama indipendentista, ma le sue idee erano parecchio lontane da quelle di Canepa. Molti evisti, morto Canepa, lasciarono la lotta armata; l’estremo bisogno di nuovi soldati portò il nuovo comando a coinvolgere i gruppi banditi (in particolar modo la banda capitanata da Salvatore Giuliano).
La battaglia di Monte San Mauro
Ed è proprio sotto il comando di Concetto Gallo, prima che l’EVIS si sciogliesse definitivamente, che si svolse una delle battaglie più importanti e significative che coinvolse l’esercito di liberazione siciliano. Lo scontro a fuoco di Monte San Mauro, avvenuto il 29 dicembre del 1945 vicino Caltagirone, vide una sessantina di giovani evisti scontrarsi con 5.000 uomini dell’esercito del Regno d’Italia, comandati dal generale Fiumara e dotati di mezzi e di armi pesanti. Fu un evento che ebbe riconoscimento politico anche in campo internazionale.
La battaglia durò dalle 9:30 del mattino circa fino al tardo pomeriggio. Concetto Gallo notò subito, come d’altronde fecero tutti gli evisti, lo svantaggio che c’era tra loro e l’esercito del Regno d’Italia, dettato dalla differenza numerica e dalla mancanza di armamenti.
Gallo decise così di fare ritirare i suoi uomini allo scopo di rimanere il solo ad affrontare, col suicidio, i soldati italiani. L’ordine di ritirata fu disatteso da due giovani evisti, Giuseppe La Mela e Amedeo Bonì, che restarono a combattere con l’intento di suicidarsi insieme a Gallo. Furono invece catturati e tratti in arresto. Tra gli evisti ci fu una vittima: il giovane palermitano Raffaele Di Liberto.
Quella battaglia, per quanto fu una sconfitta militare, dimostrò non solo il coraggio e l’audacia degli uomini dell’EVIS ma, dal punto di vista politico, fu una grande vittoria per la risonanza e il riconoscimento riscossi in campo internazionale.
Eppure, la battaglia segna la fine delle azioni del gruppo armato. Dal gennaio 1946 le ultime formazioni eviste iniziarono a sciogliersi.
La Sicilia ai siciliani
Di lì a poco il governo italiano decise di aprire una trattativa con i dirigenti del separatismo siciliano, fra i quali Antonino Varvaro e Andrea Finocchiaro Aprile che, con Francesco Restuccia, erano stati confinati nell’isola di Ponza. Dalla trattativa si arrivò a un accordo: il riconoscimento e quindi la redazione per vie istituzionali dello Statuto Siciliano, che il 15 maggio del 1946 verrà legittimato formalmente attraverso un decreto legislativo.
Lo Statuto fu certamente una sconfitta: un compromesso che segnò la fine dell’indipendentismo e il placarsi delle sommosse sociali. È importante però ricordare la storia dei giovani uomini dell’EVIS, che lottarono e persero la vita per un ideale. Combattendo per l’indipendenza della Sicilia, Antonio Canepa e tutti gli evisti si sacrificarono per migliorare le condizioni di una terra che ormai da troppo tempo viveva i maltrattamenti e le ingiustizie dello Stato italiano e dai suoi governanti.
Governi che, per sedare i moti separatisti, emanavano leggi per licenziare i siciliani dagli uffici pubblici; che mandavano l’esercito per annientare i moti indipendentisti, facendo stragi su stragi. Giovani che erano guidati da un forte senso di appartenenza alla loro terra; che sentivano forte la voglia di riscatto, di rivalsa e di rivincita su uno Stato che nulla gli aveva dato se non miseria e repressione.
Un esempio per la Sicilia di oggi, le cui condizioni sono tragicamente simili a quella di un tempo, e un invito a lottare per la Sicilia di domani.
«La Sicilia di domani sarà quale noi la vogliamo: pacifica, laboriosa, ricca, felice senza tiranni e senza sfruttatori!».
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