Da più di 70 anni, in Sicilia, la festa dei lavoratori, celebrata internazionalmente il Primo Maggio, passa ormai per una sola via: quella che dalle campagne tra Piana degli Albanesi e la valle dello Iato conduce a Portella della Ginestra. Sindacati, leader politici, rappresentanti delle forze dell’ordine e delle più alte cariche dello Stato ogni anno si dirigono verso quella contrada, dove puntualmente lo Stato italiano e i suoi partiti strumentalizzano la nostra storia e i nostri morti, per scrollarsi di dosso le loro colpe. In prima linea, quest’anno, la nuova Segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, venuta fino in Sicilia per commemorare una strage sulla quale il suo partito e gli altri gruppi del panorama istituzionale italiano continuano a negare l’accesso alla verità.
Portella, primo maggio 1947
A Portella della Ginestra, la mattina del primo maggio del 1947, da Piana degli Albanesi, San Cipirello e San Giuseppe Jato, contadini e braccianti comunisti si recarono con le loro famiglie per celebrare non solo la festa dei lavoratori, ma anche la fine della guerra e il significativo successo alle elezioni regionali di Pci e Psi.
In molti si riuniscono in quel largo che già dai tempi dei Fasci Siciliani dei Lavoratori era un luogo simbolico e che, proprio da quell’anno, sarebbe rimasto impresso nella memoria storica siciliana. Verso le dieci, il comizio viene infatti interrotto da colpi di arma da fuoco. Si consuma così la Strage di Portella: in 11 undici muoiono sul colpo, altri sei nei giorni successivi; almeno 27 sono i feriti.
A fatto appena avvenuto, era già stato confezionato un colpevole, un movente e una dinamica: la versione ufficiale indica Salvatore Giuliano e la sua banda di Montelepre come unici colpevoli della sanguinosa strage, al soldo dei servizi segreti americani o della Democrazia Cristiana o della mafia. Un capro espiatorio perfetto per ridimensionare la portata della vicenda, declassandola ad episodio di sanguinoso brigantaggio.
I Segreti dello Stato italiano
Una “verità” sprezzante di altre possibilità che negava la possibilità di manovre perpetrate dalle potenze vincitrici nella seconda guerra mondiale e della neonata Repubblica, consacrando a tutti gli effetti Portella come la prima Strage dello Stato italiano.
Sulla storia di Portella esistono infatti numerose contraddizioni: dettagli che non tornano, testimonianze contrastanti, versioni poco nitide ci dicono che i veri colpevoli e i loro mandanti sono rimasti impuniti. Soprattutto, il Segreto di Stato ancora vige su quelle carte che potrebbero attribuire alla Repubblica italiana la colpa del primo eccidio della sua storia, necessario a indebolire il movimento indipendentista, a screditare la figura di Salvatore Giuliano, a rafforzare la legittimità del blocco statunitense e a inaugurare la Strategia della tensione che, nei decenni successivi, sarebbe stata il modus operandi dello Stato per mantenere la stabilità nel paese.
Uno Stato che vuole restituire dignità e rispetto ai suoi morti non ha bisogno di mettere i sigilli sulla verità. L’assenza di trasparenza, la stancante retorica politica che da decenni accompagna un evento il cui portato storico si cerca di declassare a semplice furia omicida di una banda di criminali, ci ricordano come, a Settant’anni di distanza da quell’evento, sia ancora necessario lottare per avere restituita la nostra memoria storica.
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