Pubblichiamo l’intervento di Giulia Lai, Segretaria Nazionale di “Liberu – Lìberos Rispetados Uguales” alla seconda conferenza internazionale “Percorsi di Indipendenza in Europa” svoltasi il 30 marzo presso L’Assemblea Regionale Siciliana.
Buonasera a tutti, sono la Segretaria di Liberu, il partito della sinistra indipendentista sarda. Vi ringraziamo per questo invito e per averci dato la possibilità di partecipare a questo importante convegno internazionale. Siamo felici di essere qui anche perché siamo consapevoli che la collaborazione e il continuo rapporto con il popolo siciliano non può che rappresentare un’ulteriore forza verso la lotta contro lo Stato italiano che continua ad agire in repressione delle nostre isole.
Prima di analizzare quello che è il punto fondamentale di questa di questo convegno, ovvero la riforma dell’autonomia differenziata, mi occorre dirvi che cosa è l’autonomia speciale per la Sardegna. Se ne parla troppo poco. L’autonomia speciale ci fu concessa nel 1948 per disinnescare quelle tensioni sociali che si erano create grazie ai movimenti popolari alla fine della seconda guerra mondiale, che rivendicavano – tra le altre cose – delle istanze che venivano chiamate in modo dispregiativo “separatiste”. La regione autonoma della Sardegna fu creata dal Governo di Roma sul modello dello Statuto siciliano, nonostante i rappresentanti sardi dei partiti politici italiani andavano proprio contro questa forma di autonomia.
In Sardegna l’autonomia costituii lo strumento per l’ingresso e la penetrazione economica del capitalismo italiano; infatti, dal 1948 la Sardegna subisce uno dei periodi più brutti e drammatici della propria storia: un milione e mezzo di persone emigrate, l’imposizione dei maggiori poligoni militari presenti in Europa che tuttora insistono sul nostro territorio e l’industrializzazione petrolchimica, che ha lasciato disastri ambientali tali che tutt’oggi ne subiamo le conseguenze, soprattutto in termini di salute dei cittadini – ancora oggi registriamo morti nelle nostre terre.
E questo tutto a vantaggio dei capitalisti italiani, che hanno incrementato denari pubblici – miliardi – dalla regione Sardegna, ma non solo, anche dalle tasse del Mezzogiorno. In cambio, ci hanno restituito poche migliaia di posti di lavoro, che però sono stati la base elettorale operaia dei partiti politici italiani, e qualche carriera di sindacalista che ha agito di spregio ai diritti dei propri colleghi.
Consapevoli di questo, oggi però l’autonomia speciale costituisce per la Sardegna un diritto a cui non possiamo rinunciare. Dopo decenni in cui l’autonomia è rimasta lettera morta, oggi è un tema molto sensibile per i sardi, perché è uno degli strumenti attraverso cui possiamo entrare in scontro con lo Stato italiano. Ad esempio, in tema di compartecipazione fiscale lo Statuto della Sardegna prevede che 7/10 dell’Irpef e 9/10 dell’Iva dovessero essere trattenuti dalla Sardegna; invece, venivano incamerati interamente, al 100% ,dallo Stato italiano, sino ad arrivare ad un credito dei sardi verso lo Stato italiano di 10 miliardi di euro. Allora si fece un accordo: noi rinunciavamo a una parte di questo credito e lo Stato italiano ci riconosceva per sempre quei crediti. Dopodiché ci ha concesso materia esclusiva in tema di gestione della parte economica della sanità.
Certo è che questa accordo è di gran lunga peggiore rispetto a quello che hanno stipulato altre regioni, come quella di Trento e Bolzano, che invece hanno ottenuto competenze esclusive in una materia fondamentale per l’autodeterminazione di un popolo, che è quella scolastica. Da materie come queste è possibile formare, da un punto di vista culturale e sicuramente lavorativo, i propri cittadini.
Quindi sicuramente l’autonomia speciale della Sardegna è ancora monca e insufficiente, però per noi di Liberu e per noi indipendentisti, mezzi come questi costituiscono lo strumento per creare maggiori scontri con lo Stato italiano al fine di ottenere maggiori poteri sino all’autogoverno.
Arrivo al punto: riguardo al progetto di riforma costituzionale sull’autonomia differenziata, certamente nutriamo delle perplessità, dei dubbi, nonché delle paure. Paure nel senso di credere che la riforma porterà tutti ad essere autonomi e nessuno ad essere speciale. Quindi, fondamentalmente, ne andrà della nostra “specialità”, ne andrà delle nostre competenze e della possibilità di ottenerne di nuove.
Sicuramente però possiamo garantire di non essere pregiudizialmente contro le istanze di autogoverno degli altri territori, anche qualora queste dovessero provenire da territori che sono etnicamente italiani oppure nazioni senza Stato o ancora minoranze nazionali. Noi non siamo contro il fatto che la Campania o il Veneto possano essere maggiormente indipendenti – questo non lederà o non limiterà il nostro diritto di autodeterminazione.
Tuttavia, siamo sicuramente contro il meccanismo di applicazione dell’autonomia differenziata e il criterio dei livelli essenziali delle prestazioni; questo criterio va ad inserirsi in quella politica neoliberista che vuole sradicare completamente lo stato sociale, che vuole far sì che alcuni cittadini vengano esclusi e che non possano più accedere ai servizi pubblici: Viva il privato, guai al pubblico; è questo il problema della riforma dell’autonomia differenziata per noi.
Continueremo con le unghie e con i denti e con tutte le nostre energie a combattere per ottenere maggiore autonomia, ma soprattutto per avere gli strumenti per auto governarci sino alla creazione della Repubblica dei lavoratori sardi. Grazie a tutti.
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