• L’ospedale di Noto non esiste più. Intervista al Presidente del Comitato ProTrigona

    L’ospedale di Noto non esiste più. Intervista al Presidente del Comitato ProTrigona

    L’ospedale Trigona di Noto è una struttura quasi fantasma; ad oggi conta un solo reparto effettivamente funzionante – quello di Ortopedia e Traumatologia – e un pronto soccorso aperto solo 12 ore al giorno. A difesa dell’ospedale anni fa si è costituito il Comitato per la tutela della salute nella zona Sud della provincia di Siracusa. Il Comitato nasceva con l’obbiettivo di far sì che la Regione rivedesse il piano di rifunzionalizzazione con cui, ormai molti anni fa, si scelse di fondere l’Ospedale di Noto con quello di Avola, iniziando lo smantellamento del nosocomio e la sua trasformazione in un presidio territoriale di assistenza.

    Abbiamo sentito Vincenzo Adamo, medico e ex primario dell’ospedale, tra i fondatori e Presidente del Comitato, per raccontarci la loro battaglia per la salvaguardia della sanità siracusana.

    Perché avete sentito l’esigenza di far nascere un Comitato per la tutela della salute nella zona Sud della provincia di Siracusa?

    Abbiamo fondato il Comitato nel 2010 sotto la spinta e la volontà di forze politiche, comitati, persone che si occupavano della tutela della natura e di tutela della salute. Eravamo 40 rappresentanti di forze e di movimenti che si sono trovati uniti nel desiderio di difendere l’offerta sanitaria per la zona sud della provincia di Siracusa, che già vedevamo essere messa in crisi nel 2010. Poi tutte le nostre paure si sono concretizzate: l’impoverimento dell’offerta sanitaria è stata progressiva, sia dal punto di vista del territorio sia dal punto di vista dell’offerta sanitaria ospedaliera.

    La situazione che in questo momento vivono la provincia di Siracusa, la provincia di Ragusa e in particolare la zona Sud di Siracusa è frutto del ridimensionamento delle piante organiche, che non sono più quelle del 2010, quando ci trovavamo già in difficoltà per la carenza di medici; carenza dovuta all’organizzazione prevista che era, in realtà, al minimo indispensabile per garantire un’assistenza comunque sempre deficitaria, mentre era più appetibile ricorrere all’assistenza delle case di cura private.

    Ormai sono passati più di dieci anni. Ad oggi, quali sono le principali problematiche dell’ospedale?

    Per esempio, il fatto che l’ospedale non esiste più. Siracusa, e la provincia di Siracusa, sono sede di numerose cliniche private e di un solo ospedale fatiscente. Nel corso del tempo, l’interesse dei privati, portato avanti dagli imprenditori tanto quanto dalla politica, ha prevalso sull’interesse verso l’assistenza pubblica; l’ospedale è stato lasciato andare sempre di più, mentre l’assistenza privata veniva privilegiata. Il pronto soccorso dell’ospedale di Noto è emblematico sotto questo punto di vista: è l’unico esempio di pronto soccorso ospedaliero aperto dalle ore 08:00 alle ore 20:00. È stata creata una vera e propria mostruosità assistenziale in cui gli operatori non possono accogliere persone che si rivolgono al pronto soccorso perché alle 20:00 devono smontare. Quando un paziente arriva alle 19:00, come fai ad andar via alle 20:00 se quel paziente richiede assistenza?

    Dietro a quel pronto soccorso aperto 8:00-20:00 non ci sono reparti ospedalieri, c’è una struttura deserta che sta in piedi solo grazie alla buona volontà di medici e infermieri che cercano di garantire assistenza come se si trovassero in un ospedale normale. Eppure, all’ospedale di Noto mancano proprio gli strumenti e le figure professionali necessarie per far sì che, quando un paziente varca la soglia di un pronto soccorso, si senta al sicuro, certo che sarà assistito con tempestività; al contrario, al Trigona spesso i pazienti diventano delle palle da biliardo che devono spostarsi in altre strutture. All’inizio della pandemia, veniva addirittura consigliato alle mamme di non attendere l’ambulanza che sarebbe dovuta arrivare dall’ospedale di Avola per caricare i bambini che stavano male verso il pronto soccorso di Noto, perché era meglio recarsi all’ospedale con la loro macchina. Ci sono state anche situazioni per cui le mamme hanno partorito per strada.

    Oggi il pronto soccorso di Modica è continuamente in sovraccarico per la gente che prima affluiva al pronto soccorso all’ospedale di Noto, creando ulteriori disagi a una situazione che già a Modica era sovraccaricata dopo la chiusura del pronto soccorso dell’ospedale di Scicli.

    Come si è arrivati a questa situazione?

    Bisogna pensare che una persona di 72 anni che si sente male al bar nella città di Avola, in 10 minuti può essere assistita all’ospedale di Avola o all’ospedale di Siracusa, che è l’ospedale di riferimento provinciale. Se io, invece, mi trovo a Portopalo, mi dovranno trasportare con la macchina, in tre quarti d’ora mi porteranno ad Avola, poi mi porteranno a Siracusa, ma non so ce la farò. La mamma che ha le doglie e che deve partire da Portopalo o da Pachino e dovrà immettersi in strada per andare a farsi assistere, magari poi partorisce per strada perché hanno chiuso l’ostetricia di Noto. Prima c’erano due ospedali di frontiera: l’ospedale di Lentini, a Nord – dove c’era e c’è ancora un grande ospedale – che fronteggiava le fughe verso Catania, e quello di Noto, nella parte Sud della provincia. Era anche sede di un reparto per carcerati, poiché Noto è sede di una casa circondariale. A quest’ospedale facevano capo i comuni di Portopalo, Pachino, Marzamemi, Noto, Rosolini, Palazzolo Acreide. Dall’altro lato, l’ospedale di Avola, città abitata da 30.000 abitanti, era riferimento anche per le città di Fontane Bianche e Floridia.

    L’ospedale di Noto, con un bacino di utenza di circa 80.000 abitanti, aveva 352 posti letto; quello di Avola, invece, aveva un’offerta ospedaliera di 120 posti letto. L’offerta dell’ospedale di Noto rispetto a quella dell’ospedale di Avola era di uno a tre. La legge prevede che ogni 100.000 abitanti il numero dei posti letto sia del tre per mille; si dà il caso invece che l’assistenza ospedaliera e l’assistenza territoriale abbiano subìto dei tagli progressivi per cui neanche il minimo stabilito per legge viene rispettato. Questi tagli hanno comportato il trasferimento di risorse umane, di primari e di medici, che dalla pianta organica della provincia di Siracusa sono spariti per essere, molto probabilmente, trasferiti verso Catania. È così che hanno attivato l’ospedale San Marco a Librino, aperto sacrificando tutte le risorse di pianta organica nella provincia di Siracusa e forse anche di Ragusa.

    La situazione dell’ospedale di Noto è simile a quella di tanti altri presidi sanitari. Che idea vi siete fatti delle ragioni per cui si è deciso di smantellare il presidio sanitario?

    Noi ci siamo battuti per riunire i consigli comunali attorno a questa causa: siamo andati a Rosolini in rappresentanza a farci sentire, i consiglieri comunali ci davano ragione e si battevano con noi – perlomeno sulla carta; a Pachino hanno fatto atti deliberativi del consiglio comunale per la tutela dell’assistenza ospedaliera e hanno chiesto alla Regione che l’ospedale non doveva essere impoverito e chiuso. Ma la politica regionale, di tutto ciò, ha ascoltato poco.

    Purtroppo, non esiste solo la malasanità, esiste anche la mala politica, per cui ci si muove sotto lo stimolo spesso dei voti o degli interessi economici, che non sono mai e non rispecchiano mai gli interessi delle mamme che devono andare a fare la visita ginecologica e che dovranno correre fino a Siracusa, andare a Modica, a Portopalo, a Pachino. In questo momento sono arrivati i soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sono circa 800 milioni di euro che già stanno spartendo e non sappiamo esattamente quali canali prenderanno, ma sicuramente non abbiamo sentito parlare di potenziamento e di ritorno alla normalità nella zona Sud di Siracusa.

    Noi continueremo sul passo di sensibilizzare i sindaci, di chiedere ai sindaci e ai consigli comunali di stare attenti, di aprire gli occhi e di farsi sentire dalla politica provinciale e regionale per la tutela e gli interessi dei cittadini, di non essere succubi del deputato regionale di turno per poi mettere i cittadini tutti in una situazione di difficoltà. L’Assessore alla sanità Ruggero Razza sembra essere insensibile a qualsiasi richiesta che proviene dai cittadini.

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