di Lanfranco Caminiti
L’alleanza politica tra il Psoe di Pedro Sánchez e Sumar guidato da Yolanda Díaz, ministro del Lavoro nel precedente governo, dopo le elezioni di luglio e il fallimento del PP di Feijòo di ottenere i numeri necessari, ha raggiunto la maggioranza in Spagna: 179 voti. Determinanti sono stati i voti degli indipendentisti baschi di Bildu, di quelli galiziani e dei catalani, sia di ERC che di Junts di Carles Puigdemont.
Il patto con Sumar prevede la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, l’aumento del salario minimo, un numero maggiore di permessi per paternità e maternità, e il mantenimento delle tasse sugli extra-profitti di banche e colossi energetici.
Sul tavolo della trattativa con gli indipendentisti di Puigdemont c’era la questione dell’amnistia per i circa 1.400 catalani, tra cui lo stesso Puigdemont, in esilio, imputati di vari reati gravissimi per la consultazione referendaria dell’1 ottobre 2017. Una qualche “forma”, nel solco della carta costituzionale, si troverà, assicura Sánchez, mentre la destra di Vox urla alla dittatura, al golpe e alla rottura della “sacra unità nazionale” in continuità con il franchismo: la cosa importante era e è finire con l’aspetto repressivo e “giuridico” della questione catalana e aprirla alla sua politicizzazione.
Il procés continua.
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