• Il ministero chiude la diga Trinità: acqua sversata in mare

    Il ministero chiude la diga Trinità: acqua sversata in mare

    La diga Trinità, a Castelvetrano, non si può usare e l’acqua attualmente contenuta va sversata in mare. Lo ha deciso il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, con una disposizione che sancisce la messa fuori esercizio della struttura, utilizzata principalmente per l’irrigazione nel trapanese. Immediate le polemiche da parte di istituzioni locali, cittadini, agricoltori e allevatori.

    La struttura, in effetti, non è mai stata collaudata e non può contenere oltre un certo livello l’a”d’acqua. Ogni anno questa quota viene ridotta sempre di più e l’acqua in eccesso viene scaricata in mare. Ora il Ministero delle Infrastrutture ha inviato una lettera alla Regione Siciliana per richiederne la chiusura, sottolineando la necessità di una ulteriore riduzione dei livelli di invaso, da portare tra i 50 e i 54 metri sul livello del mare, rispetto ai 68 metri massimi consentiti in condizioni ottimali. La decisione si basa su gravi carenze di sicurezza in condizioni statiche, sismiche e di piena, oltre che su problematiche manutentive.

    In attesa della messa in sicurezza, i cui costi sono ormai elevatissimi, pare che le paratie siano aperte e l’acqua stia continuando a essere sversata; circostanza registrata anche nei giorni scorsi, quando l’arrivo delle piogge aveva riempito l’invaso, facendo ben sperare contro la siccità.

    Intorno alla diga Trinità si sta, dunque, condensando un paradosso tipico della gestione delle risorse in Sicilia: piove poco, l’isola rischia la desertificazione, la maggior parte dei comuni sono sotto regime di razionamento, gli agricoltori e allevatori sono in grave crisi per la mancanza d’acqua; ma le poche infrastrutture idriche risultano danneggiate, non collaudate o fuori esercizio, con il risultato che la poca acqua che cade non riesce a essere trattenuta, ma anzi si disperde in mare.

    Il Ministero ha lasciato aperta una possibilità di revisione, subordinata alla progettazione e realizzazione di interventi di sicurezza strutturale. Senza azioni concrete, il rischio è quello di compromettere definitivamente un’infrastruttura cruciale per l’economia agricola e zootecnica della Valle del Belìce.

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