Un corteo convocato ieri mattina, 18 dicembre, dalla piattaforma Som Escola, con il sostegno di più di cinquanta forze civiche, culturali, sindacali e rappresentanti degli studenti e delle loro famiglie, ha alzato la voce contro «l’intollerabile intrusione dei tribunali per regolare il modello e la politica educativa del paese», a seguito della decisione della Corte Suprema di stabilire l’obbligo del 25% di ore di insegnamento in castigliano per le scuole.
L’origine della protesta
Giovedì 9 dicembre la Corte Superiore di Giustizia della Catalogna ha imposto il 25% di ore di insegnamento in lingua castigliana nella scuola dell’infanzia e primaria di Turò del Drac, nella città di Canet del Mar. Dopo che una famiglia della scuola ha denunciato la necessità di inserire il castigliano come lingua veicolare all’interno del programma scolastico, il tribunale ha espresso l’ordine di imporre un numero di ore di insegnamento in spagnolo.
La decisione non è stata però accettata da tutte le altre famiglie, dal sindaco di Canet e dal Ministro all’istruzione della Generalitat Catalana. Proprio quest’ultimo ha sottolineato l’ambiguità della scelta del tribunale di rivolgersi direttamente alla direzione della scuola, impedendo così al governo di avere un ruolo nella decisione.
Così, giovedì 9 dicembre centinaia di persone hanno manifestato a Canet contro l’applicazione del castigliano come lingua veicolare obbligatoria nelle aule spagnole. La marcia è stata organizzata dall’Unione degli Studenti dei Paesi Catalani (SEPC) e dal sindacato Intersindical-Csc. La portavoce nazionale del Sepc, Marta Daviu, ha chiesto al governo catalano di non rispettare la sentenza e ha chiesto la «disobbedienza» del ministero, degli studenti e del personale docente.
L’Associazione delle famiglie degli studenti (AFA) della scuola di Canet de Mar ha rilasciato ieri una dichiarazione che denuncia le «manipolazioni mediatiche e politiche» e smentisce l’esistenza di «atti di bullismo, emarginazione e qualsiasi azione di attacco a bambini o famiglie che parlano castigliano». Ha inoltre ricordato che nel 2019 «il Consiglio d’istituto ha approvato il progetto linguistico della scuola con il consenso delle famiglie, del personale docente e della dirigenza» e che non vi è mai stata alcuna richiesta o denuncia a tale organo che chiedesse di rivederlo o ripensarlo. Per questo si rammarica di come «questo dibattito non sia stato condotto attraverso i canali adatti e che sia stato imposto per ordine del tribunale».
L’escola en català, ara i sempre
Per dimostrare la sua contrarietà a questa scelta, la piattaforma Som Escola ha convocato una manifestazione sotto lo slogan «Ora e sempre, la scuola in catalano», con carattere unitario, questo sabato mattina, con punto di ritrovo in Plaça Tetuan a Barcellona. È poi avanzato, formando una «grande onda verde», fino ad arrivare davanti al Palazzo di giustizia – la sede del TSJC.
Som Escola è una piattaforma trasversale nata dieci anni fa per difendere il modello di «integrazione linguistica» nei centri educativi della Catalogna e il lavoro degli insegnanti che lo realizzano. Nella piattaforma confluiscono una cinquantina di realtà di diversa natura e orientamento politico: associazioni e fondazioni civiche, culturali e per la difesa della lingua catalana; gruppi e federazioni di famiglie studentesche; i principali sindacati generalisti e del settore educativo; gruppi di migranti, professionisti dell’educazione nel tempo libero, associazioni professionali.
Som Escola ritiene che la decisione del TSJC, ora ratificata dalla Corte Suprema, sia «un nuovo tentativo di aggredire il modello scolastico catalano e il suo approccio pedagogico», un modello che ritiene «consolidato, garante delle competenze linguistiche e ampiamente approvato dalla società catalana nel corso dei decenni», che si è affermato come «un modello di successo, sia per gli studenti che per la società» poiché contribuisce alla coesione dell’uguaglianza sociale, alle pari opportunità e alla normalizzazione dell’uso del catalano. Inoltre, considera la sentenza del tribunale una «ingerenza intollerabile», perché devono essere «professionisti dell’istruzione, non avvocati, a determinare quale modello garantisca la competenza linguistica degli studenti».
La questione della lingua in Catalogna
La storia dei tentativi di rendere la lingua catalana una lingua minoritaria, non è storia recente. Già dal XV secolo i reali dei regni di Castiglia e d’Aragona spingevano, tramite compromessi e decreti, alla marginalizzazione della lingua. Più di tutti gli altri periodi storici, il franchismo ha rappresentato una vera e propria persecuzione della lingua e della cultura catalana.
D’altronde, il catalano è fondamentale per l’identità del paese. Ha una lunga tradizione scritta ininterrotta, con opere anteriori a quelle castigliane. Lo parlano praticamente tutti: la lingua veicolare è il catalano tanto nella sfera privata, quanto nella pubblica (quando non è vietato), anche se tutti i catalano sono in grado di parlare castigliano.
Attualmente, 10 milioni di persone nel mondo parlano catalano e lo utilizzano quotidianamente. È l’ottava lingua più attiva su internet e ci sono più di due milioni di utilizzatori sulla rete che navigano impiegando il catalano. Da uno studio realizzato nel 2019 dalla Direzione generale della politica linguistica e dall’Istituto di statistica della Catalogna, il 94% della popolazione nella regione capisce il catalano; l’81,2% lo sa parlare; l’85,5% è in grado di leggere e il 65,3% lo sa scrivere. Basti pensare che nel 1981, a causa della repressione linguistica e identitaria, la parte della popolazione in grado di scrivere in catalano era solo il 31,5%. Secondo questo stesso studio, il 31,5% della popolazione (due milioni di persone) parla il catalano come lingua madre e l’uso quotidiano del catalano tra la popolazione adulta riguarda il 76,4% della popolazione.
L’uso del catalano continua a crescere proprio grazie al modello di insegnamento attuale della catalogna, che mira a una valorizzazione della lingua locale e spinge gli studenti a non abbandonare le proprie tradizioni, la propria storia e la propria cultura.
La manifestazione di ieri, con la presenza massiccia di manifestanti, di movimenti politici e della società civile, ha mostrato quanto sia importante per il popolo catalano la difesa della loro lingua, l’educazione e l’insegnamento per le generazioni che verranno. Quello che chiedono è una scuola pubblica, catalana e priva di imposizioni che sviliscono la loro cultura.
Lascia un commento