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  • Ennesimo strumento militare in Sicilia: l’ex – CARA di Mineo diventa un centro speciale di cyber sicurezza

    Ennesimo strumento militare in Sicilia: l’ex – CARA di Mineo diventa un centro speciale di cyber sicurezza
    Nato come centro d’accoglienza migranti, l’ex CARA di Mineo potrebbe diventare area sperimentale per un parco di sicurezza cibernetica e la ricerca sul campo. Un progetto che vede molti sostenitori e decisioni già prese per incrementare la difesa alle minacce tecnologiche, ultima frontiera delle guerre e delle occupazioni militari.

    La storia della struttura

    L’ex Centro Accoglienza Richiedenti Asilo di Mineo, nato nel 2011 durante il governo Berlusconi, era tra le strutture coinvolte in risposta ai grandi flussi migratori in arrivo sulla Sicilia. Originariamente le 400 villette a schiera all’interno del Residence degli Aranci avrebbero dovuto ospitare i marines della base militare americana di Sigonella, ma il Comando ha preferito trasferire il personale militare e i loro familiari nei residence più vicini.

    Con il titolo di centro richiedenti asilo più grande d’Europa, nel 2019 il CARA viene svuotato completamente tramite il piano sgomberi previsto dal ministero degli interni e i migranti trasferiti nei Cas – centri d’accoglienza straordinaria – di Trapani, Siracusa e Ragusa.

    Da allora, la struttura è stata completamente abbandonata e i progetti in ballo erano diversi: dalle prime voci su un futuro centro d’addestramento, le ultime notizie vedrebbero piuttosto la costruzione di un grande Cyber Park, ovvero una struttura per la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie utilizzate in campo militare, industriale e della sicurezza.

    Il progetto del cyberpark

    Ad agosto dell’anno scorso, il Parlamento italiano aveva convertito in legge il decreto del Presidente del Consiglio che presenta le “Disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, definizione dell’architettura nazionale di cybersicurezza e istituzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale”. Il 25 maggio di quest’anno invece è stato il turno della presentazione della Strategia Nazionale di Cyber sicurezza 2022 – 2026 da parte dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che prevede 82 misure per rafforzare la difesa a livello cibernetico.

    Tra i punti chiave per la strategia è prevista l’istituzione di un Cyber Park che «fornisca tutte le infrastrutture tecnologiche necessarie allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo nell’ambito della cybersecurity e delle tecnologie digitali quali, a titolo di esempio, l’intelligenza artificiale, il quantum computing & cryptography e la robotica» – riporta il documento varato dal governo.

    Fra le maggiori proposte per le sedi del futuro Cyber Park, c’è proprio l’ex villaggio USA di Mineo. Già alla fine del 2019 il secondo Governo presieduto da Giuseppe Conte aveva approvato l’impegno per la considerazione dell’idoneità dell’ex CARA di Mineo in ragione delle peculiarità dell’area. Tra i sostenitori del progetto e fondatori del gruppo di esperti impegnati compaiono direttori editoriali, ex parlamentari, ex generali dell’Aeronautica militare e docenti universitari.

    Il modello israeliano di riferimento

    A quanto pare il modello di riferimento per il progetto è il Cyberspark di Be’er Sheva, una città in cui università, grandi multinazionali, esercito e governo collaborano per far funzionare al meglio la cybersicurezza. Si tratta di un sistema nato 4 anni fa che ha reso Israele il paese con più start up al mondo, di cui ben 350 sono attive nel settore della difesa cibernetica. In questo contesto il lavoro di “reclutamento” all’intelligence informatica inizia molto presto: già a 15 anni i ragazzi vengono indirizzati nei reparti dell’esercito più adatti a loro, in vista del raggiungimento della maggiore età. Alla fine del servizio militare, chi sceglie di rimanere nell’Idf può continuare a studiare e poi scegliere di lavorare per un periodo in aziende non militari, come la famosa unità 8200, prima di ritornare nell’esercito.

    Per il Parco di Mineo l’idea è più embrionale, ma analoga. Tra i maggiori sostenitori del progetto, l’associazione Laran – che si propone come una risorsa per decisori politici, funzionari governativi, enti pubblici e aziende operanti nei settori Difesa, Sicurezza, Relazioni internazionali ed Energia – ha dedicato un documento pubblicato il 28 ottobre 2021, in cui afferma che «il sito siciliano, con oltre 6.000 m2 di edifici polifunzionali, 404 unità immobiliari destinate a unità residenziali e ben 85.000 m2 di verde pubblico attrezzato, si trova in una posizione ideale per la realizzazione del parco cibernetico grazie alla vicinanza con i poli universitari siciliani e calabresi, alle infrastrutture militari di Sigonella e Augusta e all’area industriale di Catania, città dove è presente anche uno dei nodi della rete nazionale a banda ultralarga (200 Gbps) GARR (Gruppo per l’Armonizzazione della Rete della Ricerca)».

    Le conseguenze della costruzione del Parco

    La struttura proposta dovrebbe quindi fungere da catalizzatore per lo sviluppo, con l’intenzione di integrare giovani, startup e aziende nel campo della cybersicurezza. A indicare la rilevanza del progetto per il governo sono anche i fondi stanziati in suo favore: al sistema di cybersecurity saranno destinati l’1,2% degli investimenti lordi all’anno, più i fondi che l’Unione europea ha messo a disposizione per il potenziamento del settore cibernetico e della digitalizzazione.

    Al di là di tutte le aspettative e le promesse intraprese, la verità è che si tratta di un progetto che vuole indirizzare i giovani – indirettamente e subdolamente – in una strada che in un clima di guerra come quello che stiamo attraversando non può che essere rischioso, in cambio di un posto di lavoro o una possibilità di studio.

    In un’isola come la Sicilia, in cui sono presenti installazioni militari come il MUOS, la base aerea di Sigonella, 28 presidi militari tra USA e NATO, il cyberpark fa da ciliegina sulla torta. Una torta dal sapore amarissimo per i siciliani.


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