Oggi gli studenti del liceo scientifico Albert Einstein di Palermo hanno protestato davanti gli ingressi dell’istituto, in via Vivaldi, rifiutandosi di entrare nelle aule. La causa scatenante è stata la recente decisione del Dirigente Scolastico del liceo di precludere agli studenti la possibilità di fare ricreazione al di fuori delle aule.
«Durante la ricreazione – si legge nella circolare – è possibile allontanarsi dalla classe solo ed esclusivamente per usufruire dei servizi e delle macchinette o della fontana del pianterreno per un tempo ragionevolmente limitato per consentire una turnazione degli allievi».
Per gli studenti non c’è spazio
La scelta del dirigente, sarebbe giustificata dalla mancanza di spazi adatti a ospitare gli studenti nei momenti di pausa all’interno dell’istituto. La risposta degli studenti non si è fatta attendere.
«Crediamo che questa decisione – spiega Simona Lo Monaco, studentessa della scuola – sia assolutamente ingiusta ed evidenzi quanto poco noi studenti veniamo presi in considerazione da parte dell’istituzione scolastica. Il preside ha deciso senza confrontarsi con noi. Sa di misura carceraria l’imposizione di rimanere chiusi in classe per sei ore, ogni giorno, senza la possibilità di uscire, socializzare e incontrarci».
La protesta del Liceo Einstein segue quelle delle ultime settimane in altre scuole della città, per motivi simili. Scioperi e interruzioni delle lezioni sono stati organizzati anche al liceo artistico Almeyda, dove gli studenti sono tuttora in assemblea permanente, al Pio La Torre, al Basile-D’Aleo di Monreale. Proteste anche all’istituto Majorana in seguito al divieto della preside di posteggiare motori e auto all’interno della struttura scolastica.
«Non ci fermeremo fino a quando non avremo ottenuto una risposta e una soluzione da parte del preside – continua Alessia Russo del collettivo Einstein -. Se non c’è abbastanza personale, o mancano spazi per permetterci di fare ricreazione, bisogna trovare una soluzione anche avviando una interlocuzione con la Città Metropolitana. La soluzione non è certamente quella di chiuderci in classe, non possono scaricare su di noi le conseguenze della carenza di fondi o della loro disorganizzazione».
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