In queste ore sta tornando a far rumore una vecchia idea per la gestione della sanità a Palermo ma, purtroppo, ancora attuale: chiudere il pronto soccorso dell’ospedale Cervello per accorparlo a quello di Villa Sofia, facente capo alla stessa azienda sanitaria, che da anni spinge per l’unione.
Le sigle sindacali hanno recentemente inviato una nota congiunta all’assessorato regionale alla Salute, per esprimere la loro opposizione al possibile accorpamento.
Nel testo, si legge che «la chiusura del pronto soccorso dell’ospedale Cervello, accorpato a quello di Villa Sofia, causerebbe grandi e gravi disagi per l’intera popolazione cittadina, oltre che un aumento del sovraffollamento, nonché sovraccarico di lavoro per il pronto soccorso di Villa Sofia».
Risulta paradossale, quasi ironico se vogliamo, che in una città come Palermo, in cui un paziente in codice giallo può passare decine di ore nelle sale d’attesa dei pronto soccorso prima di ricevere assistenza, e in cui i degenti in barella vengono ammasssati nei corridoi per l’assenza di spazi, ci sia qualcuno che possa ritenere di buon senso l’idea di accorpare due strutture sanitarie.
Chiudere il pronto soccorso del Cervello significherebbe scaricare sulle altre strutture sanitarie, già in sovraccarico per l’assenza di spazio e personale, migliaia di pazienti in più al giorno, ledendo il diritto alla salute degli abitanti della città e aumentando il rischio che errori sul lavoro possano trasformarsi in tragedie.
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