Pubblichiamo l’intervento di Pasquale Picoury, esponente del sindacato corso Ghjuventù Indipendentista, alla conferenza internazionale “Percorsi di Indipendenza in Europa” svoltasi il 30 marzo presso L’Assemblea Regionale Siciliana.
Grazie a tutti, vorrei ringraziare Trinacria per avermi invitato e per aver organizzato questa conferenza internazionale. Oggi vorrei parlare della Corsica, di quello che sta succedendo al momento e degli eventi accaduti alcune settimane fa.
«La violenza armata del popolo non è violenza, ma giustizia»
L’uno, il due e il tre marzo avevamo in programma “Scontri internazionali” – l’evento che organizziamo ogni anno tra le realtà giovanili indipendentiste internazionali – al quale hanno partecipato Trinacria e alcune delle organizzazioni qui presenti. Nel corso dell’evento, il due marzo, abbiamo appreso la notizia dell’assassinio di Yvan Colonna. Da subito abbiamo individuato come unico responsabile dell’assassinio lo Stato francese e il motivo è semplice: lo Stato, il Presidente e il governo avevano sottoposto Yvan Colonna ad un regime di sorveglianza speciale nella prigione francese di Arles, dove era detenuto con l’accusa di aver ucciso il prefetto di Ajaccio ormai da più di 20 anni. La sorveglianza speciale non ha permesso, sia a lui che agli altri militanti sottoposti allo stesso regime di prigionia, in questi anni, il riavvicinamento alla Corsica. E così, per più di vent’anni, Yvan Colonna ha vissuto lontano dalla sua terra, sempre nella stessa prigione.
Il 3 marzo abbiamo organizzato un’assemblea generale a Corti dov’erano presenti tutti i partiti, i movimenti e le strutture nazionaliste corse, per capire quali azioni intraprendere insieme. Abbiamo deciso di fare una manifestazione a Corti a cui hanno partecipato più di 10mila persone e dove sono iniziate le prime tensioni tra manifestanti e polizia. A questo primo momento ne sono seguiti altri, e il livello del conflitto è andato crescendo durante il resto della settimana. Ma, come diceva Eva Peron, «la violenza armata del popolo non è violenza, ma giustizia». Per questo motivo abbiamo continuato le proteste, chiedendo giustizia per Yvan Colonna, la liberazione di tutti i prigionieri politici e il riconoscimento del popolo corso.
In Corsica non c’è né rosso né blu
Dopo questa settimana c’è stata un’altra manifestazione che ha fatto confluire tutte le strutture politiche corse, tutti i movimenti e i partiti. Il Ministro dell’Interno francese Dardanin è volato fino in Corsica per parlare di una possibile autonomia dell’isola, ma non ha chiarito i termini di questa autonomia. Quello che abbiamo chiarito noi è che non torneremo indietro sulla necessità della liberazione dei prigionieri politici, un punto su cui si fanno molte promesse ma che difficilmente vede risultati.
Dopo gli anni della lotta armata, da quasi un decennio in Corsica sono c’è un governo nazionalista alla guida dell’isola. Durante questi sette, otto anni di discorsi, di rapporti di forza politici, di emancipazione democratica, le nostre rivendicazioni sono rimaste inattese. Questo è uno dei motivi principali che ha provocato le tensioni di queste settimane nelle piazze: il fatto che lo Stato francese abbia fatto esplodere la rabbia dei giovani che continuano a portare avanti le rivendicazioni di cui abbiamo parlato all’inizio. Tre settimane di tensioni hanno fatto avanzare la Corsica e le sue rivendicazioni più di otto anni di discorsi democratici e di governo interno all’isola.
Continueremo a scendere in piazza per ricordare alla Francia che in Corsica non c’è né rosso né blu, che la Corsica è bianca e nera, come la testa di moro della nostra bandiera.
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