Pubblichiamo l’intervento di Lorena Lopez de Lacalle, Presidente dell’EFA, alla conferenza internazionale “Percorsi di Indipendenza in Europa” svoltasi il 30 marzo presso L’Assemblea Regionale Siciliana.
Cari colleghi ed invitati,
Arratsaldeon, adiskide guztioi,
Eskertuko nahi nizueke gure herriei, Euskal Herria eta Europari buruzko eztabaida honetara gonbidatzeagatik.
Queste prime parole in lingua basca, l’euskara, le pronuncio per farvi sentire la diversità e la bellezza delle nostre lingue madri e per ringraziarvi per il vostro invito.
Joshua Nicolesi, in un suo articolo scritto nel 2019 intitolato Le radici di un popolo stanno nella lingua: i siciliani e il canto della libertà, diceva «Le parole, il modo in cui vengono pronunciate e percepite, sono l’indice tramite il quale valutare lo spirito di un popolo, la sua memoria».
Benetan, horretaz ari gara, è proprio quello di cui stiamo a parlare oggi.
L’EFA: cosa è, cosa rappresenta, cosa fa
L’EFA, la Alleanza Libera Europea, è uno dei 10 partiti politici europei, ma l’unico che fa dell’autodeterminazione la sua pietra angolare. Al suo interno vi sono adesso 49 partiti politici, presenti in 19 Stati europei – e dico Stati europei perché, oltre che nell’Unione Europea, siamo presenti in Artsakh, Nagorno Karabaj, ed in Voivodina, oggi in Serbia. Ad oggi ha 10 eurodeputati.
L’EFA in questo momento, tramite i suoi partiti membri, governa in Scozia, Fiandre, Catalogna, Corsica, Aosta, Valencia, isole Canarie e le Baleari, e siamo forti in tanti altri paesi come prima forza dell’opposizione.
L’immagine che ci rappresenta, il nostro logo, è una lettera E all’indietro, e sta a significare che vogliamo un’altra Europa, una Europa che metta in pratica il rispetto della diversità, che ritrovi nelle nostre nazioni e paesi la forza che le manca. Una Europa costruita dal basso, dal municipalismo, molto lontana dal centralismo che ostentano i 27 stati membri dell’Unione Europea.
Horrexegatik plazer handia da zuekin izatea Vespro ospatzearren.
Perciò è un gran piacere essere con voi per festeggiare insieme il Vespro 2022, per mettere in primo piano le Communitas Siciliae, per ripristinare lo spirito federativo che parte invece dal livello più vicino al cittadino, dai comuni, dalle città, sulla base della ricerca del bene comune, della libertà, del diritto a decidere.
E noi vogliamo decidere su tutto. In molte realtà, soltanto essendo indipendenti potremmo essere artefici del nostro destino.
Ma i tempi e i ritmi verso questo obiettivo sono molto diversi a seconda dei Paesi.
La Scozia e la Catalogna sono all’avanguardia, naturalmente; altri stanno percorrendo la strada che pian piano li avvicina a quel traguardo.
Come fare per avanzare lungo questa strada verso l’autodeterminazione dei nostri popoli?
Orain, zure baimenarekin, Euskal Herriari buruz hiz egingo dut.
Vi parlerò adesso di Euskal Herria, il mio popolo, i Paesi Baschi.
Ci troviamo su entrambi i versanti dei Pirenei, a difendere i nostri diritti di fronte alla champions league del giacobinismo europeo: la Spagna e la Francia.
Il nostro paese è composto da 7 provincie sparse in 3 amministrazioni diverse, due Comunità autonome in Spagna – Paesi baschi e Navarra al Sud – ed un consorzio di municipi, proprio una federazione municipalista, nel Nord del paese, che abbiamo chiamato Euskal Hirigune Elkargoa, Consorzio dei municipi baschi.
Macron ha operato una grande ricentralizzazione dello Stato francese, a volte spaccando regioni che prima erano unite, o mettendo assieme delle regioni che non hanno niente a che vedere tra di loro, come nel caso dei Paesi Baschi che sono stati aggregati a Bordeaux. Le municipalità basche hanno quindi deciso di creare l’Euskal Elkargoa, e dopo tre anni di intense trattative, il primo gennaio 2017, finalmente la Francia riconobbe la loro esistenza. Così sono stati riuniti tutti i territori baschi del Nord, 158 municipalità, in un unico soggetto politico.
Lavorano in 3 lingue, euskara, gascon e francese e hanno un Consiglio, l’Assemblea comunitaria, composta da 232 eletti municipali, un consiglio permanente di 73 membri e l’esecutivo di 35 membri. Tra le loro competenze vi sono la politica linguistica e culturale, la transizione ecologica ed energetica, la gestione dell’acqua, del litorale e dell’ambiente naturale, la coesione sociale e, molto interessante, l’Europa e la cooperazione transfrontaliera. Questo dimostra che la volontà politica che parte dal basso, il sostegno della popolazione e la creatività aprono delle porte che a prima vista sembrerebbero chiuse.
Al Sud, da una decina di anni il mio partito, Eusko Alkartsuna, Solidarietà Basca, lavora insieme ad altri 2 partit, e altri membri indipendenti, all’interno di una confederazione di partiti di centro sinistra e sinistra chiamata EH Bildu, che in basco vuol dire «uniti per Euskal Herria», per il nostro paese, con un duplice obiettivo: la costruzione nazionale, puntando verso la creazione della Confederazione dei Paesi Baschi, e la costruzione sociale, per il progresso del nostro popolo nel rispetto della diversità, sulla base del municipalismo, della giustizia sociale, l’ecologismo, il femminismo e sugli accordi per risolvere tutti i conflitti in maniera pacifica e democratica.
Imparare a cucire
Quando stavamo costruendo EH Bildu, siamo andati da Pepe Mujica, quando era Presidente dell’Uruguay, a chiedergli come si lavorasse in pratica nel loro Frente Amplio, dove la diversità ideologica dei suoi componenti è molto, molto ampia. E, per tutta risposta, con le mani ha fatto finta di cucire. Passiamo il tempo a cucire, ci disse. Occupa tempo ma i risultati sono molto migliori. E grazie a questo spirito, all’impegno di tanti dei nostri concittadini, adesso siamo la prima forza dell’opposizione in tutti i territori del nostro paese, Nord e Sud.
Allo stesso tempo abbiamo costruito rapporti molto stretti con tutti gli altri partiti della penisola iberica, facciamo rete con partiti democratici di Catalogna, Valencia, Galizia, delle isole Baleari e Canarie, in modo da fare pressione sul governo spagnolo perché senza il nostro sostegno potrebbe cadere.
Credo che questa sia una delle chiavi necessarie per tutti noi. Fare rete, lavorare insieme, imparare gli uni dagli altri, diffondere le migliore pratiche. Anche per l’EFA questo è fondamentale.
L’EFA, partito europeo, lavora in stretto collegamento col Gruppo EFA Greens del Parlamento Europeo e con i rappresentanti del Comitato delle Regioni. Nel Parlamento Europeo, con eurodeputati di diversi gruppi politici, abbiamo costituito quello che hanno chiamato Self-Determination Caucus, uno spazio di discussione e promozione del diritto all’autodeterminazione dei popoli che noi difendiamo come vero e proprio diritto umano universale.
Vi parlavo prima del compromesso di Eusko Alkartasuna e di EH Bildu a favore del dialogo e gli accordi per risolvere tutti i conflitti in maniera pacifica e democratica. Un obiettivo pienamente condiviso dall’EFA. In quel senso, stiamo lavorando da 3 anni, all’inizio tramite Eusko Ikaskunza, Accademia degli Studi baschi e l’Institut d’Estudis Catalans, con 80 esperti universitari, e adesso con il Caucus, per definire un quadro di riferimento per la risoluzione pacifica e democratica delle dispute territoriali fra i popoli. La settimana scorsa a Donostia, nei Paesi Baschi, in presenza di vari eurodeputati, è stata presentata l’iniziativa che sarà ripresa dal Caucus con l’ambizione di essere la base di una Direttiva europea. L’Europa ha il dovere democratico di dare una risposta ai popoli europei che chiedono ripetutamente l’indipendenza o una maggiore autonomia.
Quando gli Stati dell’UE ignorano, reprimono violentemente questi desideri dei nostri popoli, l’UE deve intervenire. Noi vogliamo che si stabilisca una tabella di marcia chiara, un Clarity Act europeo che apra le porte al diritto a decidere e che imponga agli Stati di dialogare. E vogliamo portare questa iniziativa anche al Consiglio d’Europa e all’OSCE.
L’EFA, con i suoi partiti membri, sta caricando diverse iniziative nella piattaforma aperta dalla Commissione per fare delle proposte sul Futuro dell’Europa. Siamo molto felici perché la proposta di questa Clarity Act Europea è la più votata.
Promuoveremo una iniziativa popolare su questo tema. Siamo consapevoli che è richiesta una maggioranza semplice nel Consiglio europeo per convocare una modifica dei Trattati europei, però bisogna dire che la pandemia e adesso la guerra hanno accelerato moltissimo le prese di posizioni nella Unione Europea e nel mondo sul diritto dei popoli a decidere sul proprio futuro.
Fare rete, unire le forze proprio al di là della nostra zona di confort, coinvolgendo tutta la cittadinanza tramite assemblee cittadine come strumento più adatto, per sentirsi impegnati in questa gara per la democrazia, questo è lo scopo; ed è una gara che certamente deve essere condotta dai giovani.
L’EFA ha pubblicato un rapporto, una sorta di guida per organizzare assemblee cittadine che potete consultare sul nostro sito web. Lavoriamo su tante iniziative, come il voto ai sedicenni, l’uso e promozione delle lingue minoritarie, la difesa di tutti i diritti umani.
Facciamo rete anche all’interno dell’EFA.
Abbiamo creato il foro delle donne, per favorire la partecipazione delle donne alla politica perchè siamo ancora poche, molto poche.
E nella prossima Assemblea Generale che si terrà a Las Palmas di Gran Canaria a maggio, avvieremo il Foro delle Isole perché l’EFA rappresenta le isole Aalund, Frisie, le isole Scozzesi nel Nord, fino a quelle mediterranee ed atlantiche. E lo facciamo per fare rete sulla sostenibilità, sui trasporti, sul rispetto delle lingue e delle culture materiali ed immateriali dei popoli insulari.
Il mondo davanti a un bivio
Un ultimo accenno sulla situazione che stiamo vivendo in questo momento della nostra storia. Il mondo si trova davanti a un bivio: scegliere fra l’autodeterminazione, i principi democratici, i diritti umani e la cultura della pace o l’autoritarismo e la deriva espansionistica. L’invasione dell’Ucraina, la guerra, la corsa al riarmo militare, i profughi, l’esilio, la morte di tanti innocenti… ogni giorno è un giorno di troppo. La diplomazia deve fermare la guerra al più presto. E l’Europa si deve mettere a costruire un’architettura europea per la pace e il disarmo.
Questo inizio di secolo somiglia purtroppo, troppo, all’inizio dello scorso secolo. Le disuguaglianze sempre più grandi, le carenze e le debolezze del sistema erano ben conosciute già da tempo, ma le successive crisi – crisi economica, pandemia e guerra – le hanno fatte crescere ancora di più, sovrapporre le une alle altre, in una criminosa architettura che dimostra che il sistema si esaurisce.
Finisco ribadendo che i principi che ci guidano sono la lingua, la cultura, la difesa della diversità, la coesione sociale, il rispetto della natura, il benessere dei popoli e la solidarietà internazionale.
Hezkuntzaz bukatuko dut. Proprio in questi giorni, i baschi organizzano una gara di 15 giorni, la Korrika, dove tutte le generazioni corrono chilometro dopo chilometro in nome della lingua basca: attraversiamo il paese ogni anno, dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest, per la difesa e la trasmissione della lingua. Un impegno personale e collettivo per la salvaguarda dell’euskara.
La lingua e la cultura, ci fanno essere le persone che siamo, e come scrisse Ignazio Buttita:
«Un populu mittítulu a catina, spugghiàtilu, attuppátici a vucca, è ancora libiru. Livátici u travagghiu, u passaportu, a tavola unni mancia, u lettu unni dormi, è ancora riccu. Un populu, diventa poviru e servu, quannu ci arrubbano a lingua aduttata di patri: è persu pi sempri».
Eskerrik asko, bihotz-bihotzez.
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