Il 1 settembre è scaduta l’ordinanza, emanata dalla Regione Siciliana, che imponeva lo stop lavorativo in campi e cantieri, dalle 12:00 alle 16:30, qualora la temperatura percepita avesse superano i 35 gradi.
La misura – seppur monca poiché escludeva i lavoratori della pubblica amministrazione, i concessionari di pubblico servizio e i loro appaltatori in caso di interventi di pubblica utilità, di protezione civile o di salvaguardia della pubblica incolumità – costituiva comunque una fondamentale tutela della salute per centinaia di migliaia di persone. Non a caso le aziende si erano scagliate contro, additandola come causa del ritardo dei lavori in numerosi cantieri, colpevole di limitare la «competitività» delle imprese siciliane.
I sindacati si sono scagliati invece contro la scadenza dell’ordinanza; il segretario regionale della Cgil ha definito la scelta inaccettabile e insensata, poiché non può essere il calendario a dire quando esista o meno un rischio da stress termico.
In buona sostanza la Regione, evidentemente incurante dei 22 morti sul lavoro nella nostra isola nei primi 5 mesi del 2024, ha preferito cedere alle pressioni delle imprese piuttosto che tutelare la salute di tutti i lavoratori siciliani, costretti a lavorare in condizioni ambientali al limite del disumano.
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