Non bastava il progetto del mega impianto eolico off-shore; gli abitanti di Favignana hanno appreso che sull’isola è stato approvato un progetto per la costruzione di un radar militare. Il progetto prevede la costruzione anche di un secondo impianto a Portopalo di Capo Passero. Abbiamo intervistato Diego Gandolfo, membro del Comitato “NO al mega-impianto eolico davanti le Isole Egadi” che appresa la notizia ha invitato tutta la cittadinanza alla mobilitazione.
Avete appena appreso dell’istallazione di un radar nell’area marina protetta di Favignana. Come siete venuti a conoscenza della notizia? Come avete – popolazione e istituzioni locali – reagito?
La notizia ha iniziato a circolare qualche giorno fa, grazie all’impegno di Maria Guccione, una storica attivista e ambientalista favignanese che per noi è un punto di riferimento. Successivamente le indiscrezioni sono state confermate dal giornalista Antonio Mazzeo, che si occupa da anni della militarizzazione strisciante in Sicilia. E’ così che il Comitato e l’Associazione Egadà, composta da giovani del territorio, hanno deciso di mobilitarsi. Ci ha stupiti il fatto che le istituzioni locali non fossero state coinvolte, anzi, nemmeno avvisate della realizzazione del progetto. Quindi venirne a conoscenza è stato assolutamente un caso, non c’è stata una comunicazione neanche da parte dei politici e delle istituzioni coinvolte, dei nostri rappresentanti in Commissione Difesa, e neanche dai membri del Comitato Misto Paritetico della Regione Siciliana, che ospita membri sia militari che delle istituzioni regionali.
Se lo avessimo saputo in tempo, ci saremmo anche mobilitati prima, perché l’assegnazione dei lavori è dell’ottobre 2021. Il nostro Comitato si oppone fermamente alla realizzazione di questo mostro militare a Favignana, dove insiste già il progetto, altrettanto mostruoso, del mega impianto eolico offshore al largo di Marettimo. Il tema dell’inquinamento elettromagnetico e della militarizzazione dell’isola è un tema molto sentito nelle isole Egadi. Anche il Sindaco ha appena annunciato di essere fermamente contrario. La partita però è davvero complicata.
Quali danni comporterebbe per il territorio l’installazione di questo radar?
Si tratta di un radar militare che dovrebbe integrare l’esistente, per un costo di oltre un milione di euro. Non siamo ancora in possesso di informazioni tecniche, visto che non sono state pubblicate. Potrebbe dunque essere un radar molto potente di cui però non si conoscono né la traiettoria, né l’inclinazione, né la corretta localizzazione, né la potenza. Non sono state diffuse quelle caratteristiche tecniche che permetterebbero a un perito indipendente di valutare l’impatto sull’ambiente e sulla salute. Sappiamo però che in Italia ci sono stati fior fior di processi sui danni da inquinamento elettromagnetico. Vogliamo scongiurare che questo possa accedere anche a Favignana.
Noi pretendiamo la pubblicazione di informazioni che permettano alle istituzioni locali di valutare l’impatto di un opera del genere di tipo militare che può avere conseguenze sul nostro territorio e sulle nostre teste.
C’è anche una questione legata all’impatto paesaggistico, non dimentichiamoci che siamo l’Area Marina protetta più grande d’Europa, sito SIC ZPS tutelato dall’Unione Europea. La stessa Unione Europea che finanzia il progetto con il Fondo per la sicurezza interna 14-20.
Isole come Pantelleria e Lampedusa hanno subito uno stupro da parte delle istituzioni militari. Noi non vogliamo che anche a Favignana venga ripetuto questo scempio. Infine, c’è anche una questione di immagine per un’isola che vive di turismo, che vive della bellezza del suo territorio e della sua natura incontaminata.
Quali azioni pensate di portare avanti in merito nel breve futuro?
Il nostro compito è contrastare in tutti i modi il progetto. Innanzitutto siamo a disposizione delle istituzioni locali per agire da un punto di vista tecnico e giuridico. Occorre avere in tempi rapidissimi il progetto per intero e commissionare uno studio dell’impatto del radar. Dalla nostra abbiamo reti di associazioni ambientaliste, giornalisti, deputati e cittadini. Inoltre, siamo soddisfatti della netta posizione contraria dell’amministrazione comunale. In più proviamo a sensibilizzare la popolazione. Il nostro è un Comitato che ha delle forti radici territoriali, conosciamo la comunità e su questo tema siamo convinti che la comunità delle Egadi si muoverà tantissimo. Senza dimenticare che non siamo soli in Sicilia: sono con noi tutte le altre comunità coinvolte da questo progetto, per esempio quella di Portopalo di Capo Passero.
Dopo l’eolico, ci mancava solo la militarizzazione dell’isola. Sembra proprio che il progetto per le isole minori siciliane preveda solo sfruttamento e spopolamento. Cosa ne pensate?
E’ in atto una sorta di schizofrenia: da una parte ci sono i finanziamenti per le isole verdi, le green islands, fondi europei, PNRR, con capitoli di spesa e di investimenti legati al settore green nelle isole minori siciliane; dall’altra però il Governo continua a fare delle isole minori basi militari, danneggiando l’ambiente e schiacciando le comunità. Negli ultimi anni si è intensificato il progetto silenzioso di militarizzazione. In particolare le isole minori siciliane sono geopoliticamente strategiche. Per questo, continuano a piazzare strutture militari in isole come Pantelleria, Lampedusa e Favignana, alle spalle delle comunità e delle istituzioni locali.
La beffa è che lo stesso Governo che militarizza, poi se ne infischia della mancanza di strutture sanitarie, di collegamenti, che spingono nella direzione esattamente opposta, cioè quella dello spopolamento e dell’isolamento vero e proprio. La battaglia contro la militarizzazione diventa anche una battaglia per la sopravvivenza e per il futuro delle isole minori.
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