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  • Il “Salva Sicilia” blocca le assunzioni: uffici regionali a rischio paralisi

    Il “Salva Sicilia” blocca le assunzioni: uffici regionali a rischio paralisi

    Se il recente e criticatissimo accordo tra il governo siciliano guidato da Renato Schifani e l’esecutivo nazionale di Giorgia Meloni non subirà una significativa modifica, nei prossimi anni gli uffici regionali saranno prossimi alla paralisi amministrativa. A rischio sono settori strategici come acqua, rifiuti, energia, beni culturali, corpo forestale e ispettorati.

     La Sicilia rischia il collasso amministrativo  

    L’accordo, pomposamente ribattezzato “Salva Sicilia”, prevede il blocco del turnover (e quindi di concorsi regionali per dare nuova linfa agli uffici della Regione) fino addirittura al 2029. Peccato che nell’arco di tempo che ci separa da quella data i dirigenti regionali che andranno in pensione ammontano al 71,14% del totale, cioè 557 dirigenti su un numero complessivo di 783 unità di personale ad oggi impiegate nei 28 dipartimenti regionali. A questo dato relativo ai dirigenti se ne aggiunge un altro, numericamente ancora più drammatico: sono circa 4 mila, infatti, i funzionari in attesa di pensionamento da qui al 2029. È emergenza paralisi, insomma.

    E questa è solo una delle conseguenze negative che il “Salva Sicilia” potrebbe avere per l’amministrazione siciliana. La giunta Schifani pur di riuscire a ottenere gli spiccioli necessari per poter sopravvivere nel brevissimo termine, non solo rinuncia – come già denunciato da più parti – a crediti miliardari avanzati dalla Regione nei confronti dello Stato (circa 9 miliardi di euro), ma acconsente a una proroga del blocco del turnover che condurrà all’impossibilità concreta di amministrare settori chiave per la vita dei cittadini siciliani. Se la norma non subirà una modifica, volta a riclassificare il personale e indire nuovi concorsi, l’alta età media (sopra i 55 anni) dei dirigenti regionali condannerà la Sicilia al collasso amministrativo.

    Già oggi sono in estremo affanno molti uffici regionali che nei prossimi anni rischiano il collasso sistemico. Si pensi, per esempio, al dipartimento dell’energia e a quello dell’acqua e dei rifiuti, che al momento risultano i più scoperti, con il rischio di gravi disagi per gli utenti e danni anche all’economia locale.

    Rivedere l’accordo per creare occupazione 

    Ma grave è anche la situazione di un altro settore strategico per una terra a vocazione turistica come la Sicilia, ovvero quello dei beni culturali. In quest’ambito, infatti, già oggi si fa fatica a garantire la regolare apertura di diversi siti, che comprendono parchi archeologici e musei. Per tamponare a questo problema è previsto l’aumento fino a 36 ore per il personale Asu in servizio al dipartimento dei beni culturali, ma si tratta di una soluzione tampone che non può considerarsi risolutiva di una criticità strutturale dovuta alla carenza di dirigenti e funzionari.

    Il governo siciliano, per tramite dell’assessore alla funzione pubblica Andrea Messina, ha già convocato i sindacati, i quali hanno formulato alcune proposte migliorative, come quella della riclassificazione dei funzionari di fascia A e B, ma l’impressione è che sulla finanza siciliana penda un cappio che il “Salva Sicilia” renderà solo più stretto.

    Al di là delle soluzioni tampone, quindi, appare necessaria una revisione complessiva dell’accordo Stato-Regione, affinché vengano sbloccati a stretto giro i concorsi, con tutte le ricadute positive che potrebbero giungerne per la vita dei siciliani: nuova linfa agli uffici regionali, nuovi posti di lavoro stabili e sicuri, contributo concreto al dilagare della piaga della disoccupazione giovanile e della conseguente emigrazione forzata dei giovani in cerca di opportunità.


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