È da un paio di mesi che si dibatte a livello internazionale dello scontro in Ucraina tra Russia e Usa. Tra interessi geopolitici, tiro alla fune sul gas e alleanze internazionali, le due super potenze si stanno giocando una partita di potere sulle spalle delle popolazioni colpite direttamente – come quella della Crimea – e indirettamente – come noi, che stiamo subendo economicamente gli effetti dei giochi geopolitici sul gas e sulle fonti energetiche e che subiamo la militarizzazione delle nostre terre.
La flotta russa nel canale di Sicilia
In questi giorni la flotta da sbarco russa ha varcato Gibilterra e ha cominciato ad attraversare il canale di Sicilia, navigando nel Mediterraneo. Si tratta di sei navi cariche di carri armati e fanti, in grado di creare una testa di ponte con 60 tank e 1.500 soldati. Si pensa puntino in Crimea, per dare man forte all’esercito del Cremlino intorno all’Ucraina. Le coste meridionali dell’isola si ritrovano così al centro di grandi manovre militari straniere, anche aeree: gli aerei Nato spiano dall’alto il convoglio.
Oltre alla presenza della flotta russa, in questo momento si sta svolgendo nel Mediterraneo l’esercitazione dell’Alleanza Atlantica Neptune Strike 2022: vi partecipa la portaerei americana Truman, la portaerei francese De Gaulle e la Cavour italiana oltre a navi da guerra e aerei.
Il Mediterraeno – come ha sottolineato anche il portavoce del Pentagono John Kirby in un’intervista a Fox News – si configura come un secondo fronte della crisi ucraina.
La risposta della Nato
La spedizione della flotta russa ha creato la massima allerta nel quartiere generale della Nato. Domenica pomeriggio un pattugliatore Boeing EP-8 Neptune è decollato da Sigonella, base militare statunistense in Sicilia, e ha sorvolato le navi partite dal Baltico. Poco dopo, anche un bimotore P72 della Aeronautica italiana ha ripetuto la stessa traiettoria. Una squadriglia di cacciabombardieri F18 Hornet, del quartier generale atlantico di Napoli, ha simulato un attacco contro un’ipotetica flotta nemica con il lancio di missili a lungo raggio «per offrire un’opzione flessibile e proporzionale ai comandanti nell’affrontare potenziali minacce». Anche un caccia tedesco è in volo non lontano da Lampedusa.
Il Mediterraneo: terra di occupazione, terra da liberare
Non è la prima volta che la Sicilia e il Mediterraneo, a causa della presenza delle basi militari Usa e Nato, si trovano coinvolti nei conflitti delle super potenze.
Sigonella, Monte Lauro, Centuripe, Marina di Marza, Niscemi, Pantelleria, Lampedusa, Aereoporto di Palermo, i porti “commerciali” di Palermo, Messina e Catania, gli scali di Fontanarossa, Trapani Birgi, Isola delle Femmine, Augusta, Motta S. Anastasia, Caltagirone. Questi sono solo alcuni dei siti a disposizione della Nato e dell’esercito Usa nel Mediterraneo.
I venti di guerra in Europa si abbattono alle nostre latitudini. L’isola, al centro del Mediterraneo e costellata da occupazioni militari, rimane la portaerei strategica di guerre che non ci riguardano, di interessi lontani, di eserciti stranieri. È così che lo Stato italiano e i suoi alleati rappresentano la propria presenza in Sicilia: oppressione, occupazione, violenza.
La situazione di queste ore evidenzia la condizione del Mediterraneo e delle terre che bagna come grande base militare. Sicilia, Calabria, Campania; quel Mediterraneo dimenticato, sfruttato e militarizzato. Le aree mediterranee ricoprono un ruolo ben preciso all’interno dello scacchiere geopolitico. Aree marginali, sacche di sottosviluppo e di strutturale crisi economica e sociale, utilizzate e sfruttate sempre in nome di interessi lontani ed estranei ai propri bisogni e alle proprie volontà. In questo caso, la dominazione straniera si palesa in comode basi militari per guerre e conflitti generati e alimentati per gli interessi delle super potenze, combattute con armi telecomandate a un passo dalle nostre case.
Ancora una volta, risulta necessario sottolineare questi aspetti, incentivare e costruire processi di lotta legati da un filo rosso; contro le occupazioni militari, contro le guerre imperialiste, per una Mediterraneo libero.
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