«Pensavo a che terribile errore è generalizzare, sempre», esordisce Concita De Gregorio nel suo recente articolo su “La Repubblica” dedicato all’unicità delle persone nel mondo.
Eppure, quando nell’articolo decide di dire la sua sulla finale di X Factor – dove sul podio sono salite due siciliane, Rob e Delia Buglisi – Concita fa esattamente ciò che contestava qualche paragrafo prima.
Racconta, con un’emozione quasi tremolante, che «è stupendo che una ragazza dell’estrema periferia del mondo possa avere tribuna e riconoscimento». L’ “estrema periferia del mondo”, per inciso, sarebbe Trecastagni, in provincia di Catania, ovvero il paese natale della vincitrice del talent.
Pensa che terribile errore, Concita: fare la paternale contro le generalizzazioni per poi partorire la più “generale” delle narrazioni. La solita Sicilia immobile, remota, arrugginita, arida, dove – miracolo! – ogni tanto qualcosa sboccia e ci tocca pure stupircene.
Pensa che terribile errore: riuscire a complimentarsi con un talento siciliano solo in quanto “fiore nel deserto”. Perché, in fondo, si sa: «Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono», e dunque ben vengano i semidesti.
Ma a noi non stupisce che i siciliani vengono raccontati, ancora una volta, come figure sospese, ferme sotto il sole, davanti al mare, con un cannolo in mano e… magari sui balconi che danno sulle piazze. Proprio come quella signora che Concita dice di aver osservato a Trecastagni durante il suo personale safari in questa terra “esotica” chiamata Sicilia.
E non ci stupiamo perché l’immaginario vostro è sempre quello. Quando, l’anno scorso, il nisseno affrontava l’ennesima crisi idrica drammatica, sempre da “La Repubblica” si leggeva: «La macchina del tempo nella Sicilia senz’acqua: panni puliti nel lavatoio e bacinelle per la pioggia». Che bello scenario da anni ‘60, Concita, che altra cartolina di questa Sicilia senza tempo ti sei persa!
Ci permettiamo di proporti noi un immaginario meno ricco di luoghi comuni: il punto non è fin dove possono arrivare «queste ragazze di Sicilia» nonostante l’isola, ma riconoscere come, a discapito di qualsiasi narrazione, la Sicilia sia sempre stata terra ricca di talenti che hanno meritato «tribuna e riconoscimento». E, di certo, non serve un miracolo per accorgersene.
















